Percorso

Se il mondo è un teatro, questa mostra, a suo modo, ne fa una rappresentazione sia per il contenuto delle  sequenze dei quadri, sia con presenze mascherate, in figura di manichini, che sembrano entrare e uscire dalle pareti del “palcoscenico”.

La prima parte della  mostra si apre con il quadro “IO” – un “ io” burattino, emblematico della condizione umana, che in  altri quadri ha le sembianze di una o più maschere della Commedia dell’Arte.  La figura si erge su un lembo  di terra fangosa, illuminata fiocamente da una lampadina, simbolo dai molti significati, anche della solitudine dell’autocoscienza,  mentre stelle irraggiungibili occhieggiano sullo sfondo di un universo alieno. Questa è un’opera il cui senso, diversamente espresso, anima la parte della rassegna dove ancora delle lampadine rischiarano l’atmosfera dei  teatri per dire che, comunque, c’è sempre una luce a illuminare la commedia/tragedia del vivere.

Alcuni dei quadri della collezione “Omaggio a Montale

Nella seconda sala le immagini di un “Calendario” invitano  i manichini ad assistere al passare dei mesi e delle stagioni. Su una parete di lato il quadro ”Mezzogiorno”, metafora del fulgore dell’estate e della vita, apre la sequenza delle opere astratte che stemperano nei colori rossi e aranciati i tramonti  d’autunno. Più avanti algide composizioni con i colori dell’inverno, campiture ammantate di blu indaco e grigio, si distendono su linee di orizzonte che alludono l’Oltre del tempo e dello spazio. Infine, con tonalità composite, il quadro “Viene la notte” chiude la rassegna.

Alcune opere del Calendario
Mezzogiorno

La mostra “Percorso” è quindi un’interpretazione attenta e complessa dell’esistenza intesa come “Una strada senza nome”.

Ho commentato queste  opere nella pubblicazione “Una Strada Senza Nome e Altri Racconti” dalla quale riporto la  mia seguente meditazione:

La strada che ho percorso è una strada qualunque…senza nome…

una fra le tante. Una sulla frontiera di Nord Est: dove talvolta, d’inverno, il gelido vento di bora toglie il fiato e fa piangere gli occhi; dove talvolta, d’estate, il soffio caldo del sole profuma di anguria e di mirto il dorso del mare e asciuga le lacrime.

Ora, giunta quasi alla fine, quando guardo indietro, tutto ha la consistenza della nebbia…

Per meno di un battere di ciglia, per l’attimo di un respiro la lunga, lunghissima strada senza nome, ha un nome: quello di tutti e di ciascuno, un numero infinito di nomi…anche il tuo e il mio.

Franca Batich

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